Dialogo di uno Strillone e di un passeggere*

di | 6 Aprile 2020

STRILLONE: panoramica gratuita, igiene a 25 euro, denti fissi in ventiquattro ore. Bisognano, signore impianti?

PASSEGGERE: impianti osteointegrati?

STRILLONE: si, signore.

PASSEGGERE: la prima visita è senza impegno?

STRILLONE: Oh, illustrissimo sì, certo.

PASSEGGERE: credete che posso fidarmi di tutte queste offerte?

STRILLONE: si, signore e perché mai dubitarsene?

PASSEGGERE: beh, da che mondo è mondo, pagando poco si ottiene poco, non è forse stato sempre così? L’anno passato come quello di là?

STRILLONE: cotesto si sa.

PASSEGGERE: e non crede piuttosto che la qualità, di per se stessa, proprio perché richiede maggiore tempo, materiali buoni e perché no, la conoscenza della testa e l’esperienza delle mani, debba corrispondere ad un prezzo, onesto certamente, ma ben al di sopra di queste?

STRILLONE: io? Non saprei. Vede io sono soltanto un povero precario che si guadagna un tozzo di pane distribuendo un poco di pubblicità.

PASSEGGERE: quanti anni nuovi sono passati da che voi distribuiste volantini?

STRILLONE: saranno tre anni, illustrissimo.

PASSEGGERE: e non prova imbarazzo nell’illudere le persone che a un prezzo sì basso possansi acquisire qualità?

STRILLONE: la qualità, signore, è una bella parola. Ma di per sé non vuol dire nulla. Vede, io capisco ben poco di dentisteria e anche studiando quel poco che posso, informandomi di qua e di là, da profano sarò sempre ignorante in una materia così specialistica. La qualità per me può essere una cosa, per lei un’altra, per talaltro un’altra ancora. Quindi, di che qualità parliamo?

PASSEGGERE: Se la mette così allora siamo tutti in balia della bontà d’animo del professionista, non è cosi?

STRILLONE: cotesto si sa. E mi lasci dire, se alla fine dei conti il paziente non capisce, un po’ son fatti suoi. La colpa un po’ è anche sua.

PASSEGGERE: vuole intendere che se il paziente non capisce è lecito, finanche raccomandato fargli lavori fatti male, così impara, giusto?

STRILLONE: io, non saprei. Per quello che ne so, il paziente va servito in 20, 25 minuti massimo, compresi i convenevoli. Vede quella poltrona suscita orrore e rimanervi sopra a lungo è stressante e le persone ne soffrono. Riducendo i tempi e guardando meno alla sua qualità, possiamo abbassare molto i prezzi e questo è cosa buona. Perché più persone possono curarsi.

PASSEGGERE: ma se riducendo i tempi non si riesce a fare un buon lavoro, nel senso di un lavoro che duri nel tempo o peggio si reca un danno al paziente?

STRILLONE: cosa vuole che le dica?! Lei continui pure a stressarsi a cercare di fare lavori perfetti, di qualità eccellente. Ma non c’è paziente su questa Terra che possa mai comprendere la natura di tali prestanze. Per di più aumentando e di molto, i costi per generare quella qualità di cui tanto va cianciando. Con un duplice scompenso: il paziente spende di più e il povero dentista illuso guadagna molto meno.

PASSEGGERE: ma il profitto non è o non dovrebbe essere l’unica ragione di vita, non è così?

STRILLONE: non dovrebbe, ma per tanti è così.

PASSEGGERE: quindi, se uno di questi lavori fatti in fretta e furia va male, cosa fate?

STRILLONE: beh, lo si rifarà e lo si riaddebiterà al poveretto

PASSEGGERE: anche se è un lavoro recente?

STRILLONE: certamente.

PASSEGGERE: quella qualità ch’è una cosa bella, non è quella romanzata, ma quella che non si conosce; non quella passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

STRILLONE: speriamo.

PASSEGGERE: dunque mostratemi il volantino più bello che avete

STRILLONE: ecco illustrissimo. Cotesta è una eccellentissima offerta.

PASSEGGERE: panoramica e preventivo gratuito 

STRILLONE: grazie illustrissimo, a rivederla. Panoramica gratuita, igiene a 25 euro, denti fissi in ventiquattro ore. 

*Liberamente ispirato al Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere di G. Leopardi

NOTA AL TESTO

L’odontoiatria in offerta è ormai cosa diffusa. 

È sufficiente recarsi in un qualunque centro commerciale per correre il rischio di essere strattonato dall’addetto al volantinaggio, pazientemente appostato appena al di fuori della clinica di turno, solitamente appendice in franchising delle varie catene.

Lo schema è collaudato: visita, panoramica (?) e preventivo senza impegno (?), da quando per legge non possono più scrivere gratuito. Ovvero si cerca di reclutare persone a cui vendere prestazioni odontoiatriche, dalle quali evidentemente ricavare un profitto.

Già in altri articoli di questo blog  ci siamo occupati di analizzare dinamiche e rischi di un simile approccio. La spersonalizzazione del rapporto di cura, la marginalità ottenuta attraverso la vendita di terapie non necessarie, l’efficientismo operativo in funzione unicamente del ricavo economico che mal si concilia con la capacità di erogare un servizio di qualità, pagamenti anticipati e blindati attraverso finanziarie, quindi con l’impossibilità di sciogliere il rapporto contrattuale e la conseguente difficoltà di ottenere eventuali rimborsi in caso di contenzioso e via dicendo.

Non c’è stato nulla da fare: abbiamo urlato nel vento. Purtroppo siamo arrivati al mercato delle vacche, al discount dentale, a cui hanno scelto di partecipare numerosi “colleghi”.

Personalmente fatico a trovare nelle monotone modalità con cui vengono reclamizzate queste offerte quel minimo di decoro, dignità e anche estetica, che sarebbe opportuno usare quando si parla di una professione medica. Non parlo di etica, ovviamente, perché quella è come la coperta di Linus: ognuno ha la propria ed è inevitabilmente troppo corta. 

Del resto pecunia non olet, ci ammonì l’imperatore Vespasiano: che lo si voglia o no con questa realtà noi professionisti dovremmo confrontarci a lungo in futuro e lo spettacolo sarà tutt’altro che edificante. 

Tutte le volte che mi capita di imbattermi nello strillone di turno, al solo ascoltare quelle avance volgari e sconclusionate mi assale una malinconia dolente e inconsolabile. E con un moto spontaneo ed incontrollabile mi ritorna in mente la grande lezione morale di Samuele Valerio. Un vero gigante! La persona che più di tutti ha influenzato la mia formazione professionale…il mio sentirmi dentista oggi.

Tante volte sento parlare di successo. Molti lo confondono con il denaro, con il possesso delle cose o con il consenso dei pazienti. Io ho percorso un’altra strada, fondata sull’etica della mia coscienza e della mia conoscenza. Un successo ed una soddisfazione diversi … più intimi, più veri.” (SV)

È su quella strada che Davide, Letizia ed io ci siamo incamminati tanto tempo fa…era quella meno battuta al principio del bosco, come recita la poesia di Robert Frost**… e questo ha fatto tutta la differenza.

Da qualche anno mi sono trasferito in campagna, a pochi chilometri dal centro città. 

È una posizione “fortunata”… appena fuori dal caos urbano, ma immersa nella natura e fra i campi dove i filari di vite, albicocchi, peschi e qualche ciliegio disegnano architetture ordinate ed eleganti.

Forse è un caso o forse no, che il podere della casa su quel piccolo colle fosse da sempre conosciuto come “Paradiso”.

Da qualche anno, quindi, mi confronto con la solitudine privilegiata e col silenzio, che non è abbandono, ma piuttosto pace e ristoro. Da qui sono tornato ad osservare il rincorrersi delle stagioni e fra queste l’esuberante vigore della primavera, dopo la quiete invernale. 

Il contatto con l’universo è potente: il canto dell’assiolo nelle caldi notti d’estate, sotto un cielo da cui sembrano cadere la luna e le stelle, mi riporta d’istinto a quand’ero bambino… alle filastrocche del Pascoli: veniva una voce dai campi, Chiú.***

E poi ancora lepri, fagiani, gazze, scoiattoli, caprioli sono gli abitanti graziosi di questo ambiente sontuoso, dove anch’io trovo rifugio dalla dentisteria.

Già, perché noi dentisti siamo una specie abbastanza bizzarra, con vette di altissima espressione, sempre sospesa fra arte e passione. 

È una riflessione che io faccio spesso… da quando mi sono trasferito in mezzo alle vigne. 

Parlo ovviamente a nome dei pochi o tanti divorati dalla stessa delirante utopia.

In fondo credo che siamo noi i poveri illusi. Noi che pretendiamo all’eccellenza, accanendoci nel praticare lo stato dell’arte, alla stregua di moderni Don Chishotte… ci eleviamo sicuramente dalla massa anonima di una categoria detestata e composta in gran parte da persone aride ed avide…chi di denaro, chi di un minuscolo potere, chi di notorietà. 

Per lavorare bene siamo costretti a tempi e ritmi stressanti, a un livello di concentrazione fisica e mentale sfiancante… un non-sense da tutti i punti di vista… se non per la soddisfazione personale e per l’amore verso i pazienti…

Ecco la verità: continuo a fare quello che faccio e come lo faccio soltanto per egoismo e perché amo i miei pazienti.

Certo, vorremmo forse che il nostro sforzo fosse di più compreso, apprezzato, in qualche modo valorizzato.. Ma loro, in fondo, che colpe ne hanno?

Ma quel che più mi fa pensare che il modo di vivere nostro sia insano e dettato più dalle scadenze economiche di una vita agiata che da un fine più alto e nobile, è quando rientrando a piedi sull’ultima salita incrocio il contadino che lavora nel campo di fronte.

Un vecchio curvo e poderoso che con la cortesia del buon cuore romagnolo, cresciuto a pane e miseria, nel salutarmi mostra il suo sorriso sdentato, ma fiero.

In quel buio vuoto lasciato dall’assenza delle perle di smalto, trovo tutto il limite del nostro bel mondo: lui sdentato e felice a domare la terra ostile e da questa ricavarne buoni frutti… noi coi Rolex al polso, lo smartphone, la berlina fiammante, l’ultimo Macbook e le scarpe di cuoio, partecipiamo a una vita spesso sprecata ad inseguire un fiume di banalità.

Nell’odierno mesto e desolante panorama professionale (e non), chi sia più felice o realizzato fra me, dotto professionista e quell’agricoltore così dignitoso nella sua schiettezza non lo so davvero.  

Tuttavia, il cigno nero**** che si staglia in quest’orizzonte incerto mi insegna soltanto una cosa: se perdessi questo lavoro, dalla terra non saprei nemmeno ricavare l’essenziale per una vita modesta!

** la strada non presa – Robert Frost

*** l’assiolo – Giovanni Pascoli

**** riferimento alla teoria di Nassim Nichiolas Taleb 

Un pensiero su “Dialogo di uno Strillone e di un passeggere*

  1. Michele

    Come sempre è un piacere leggere quello che scrivi; credo che ognuno di noi deve lavorare secondo la sua etica ed essere a posto con la propria coscienza. Purtroppo tanti non hanno né etica né coscienza.
    Io ho vissuto fino a 18 anni in campagna ed eventualmente qualcosa te la posso insegnare nel caso in cui……
    Un abbraccio
    Michele

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