Lettera alle nostre donne

di | 12 Marzo 2021

A Erika, Milena, Giulia, Emanuela, Barbara e Monica

Foto di Andrea Piffari – 2018

Esattamente un anno fa la realtà piombava sulle nostre vite sotto forma di un lockdown nazionale che avrebbe interrotto la nostra quotidianità e spazzato via abitudini, certezze, progetti e forse anche speranze.

Correva il 9 marzo dell’anno 2020, proprio all’indomani della giornata internazionale della donna. 

E allora delle nostre donne oggi voglio parlare. 

Rewind

Iniziava così, con un drammatico comunicato dell’allora Presidente del Consiglio, il nostro nuovo viaggio verso dimensioni dell’esistenza completamente inesplorate.

La reclusione forzata avrebbe inevitabilmente dilatato il tempo mettendoci di fronte alle nostre fragilità.

Parole crude come pandemia, emergenza, guerra introducevano la macabra liturgia quotidiana del bilancio dei morti e la fredda statistica delle curve esponenziali del contagio.

Se subito non ci spaventava l’infezione, avremmo ben presto imparato a temere gli abissi della nostra anima e quei sussulti improvvisi di ansia, apatia, depressione, panico. Si trattava in fondo di mettere in discussione l’odierno modo del vivere: le ombre nerissime sul futuro alle porte erano l’innesco perfetto per la detonazione di tutte le nostre contraddizioni.

La libertà personale in cambio della schiavitù finanziaria: le preoccupazioni per il mutuo e le scadenze ordinarie. Contemporaneamente montava violenta l’inquietudine per le conseguenze prima sull’istruzione e poi sulla salute emotiva dei figli.

La profonda e straziante amarezza per una generazione a cui veniva strappata per sempre la stagione forse più bella della vita.

Con la distanza forzata tornavano a galla gli spettri del subconscio che avevamo imparato a conoscere sui banchi di scuola con Kafka, Svevo e Moravia: l’alienazione, la noia, l’incomunicabilità, l’inesorabile solitudine esistenziale dell’uomo.

La mascherina ci toglieva, assieme al fiato, l’espressività. Senza poter sorridere ed abbracciarci ci siamo ridotti a maschere nel teatro della paura. Non possiamo più accudire i nostri anziani. Per proteggerli li isoliamo, loro che il tempo della vita oramai lo hanno tutto alle spalle e vorrebbero percorrere l’ultimo tratto respirandone ogni profumo.

Se per disgrazia dovessero infettarsi, altri uomini vestiti come alieni dentro freddi scafandri li portano via, lasciando gli affetti e chi resta nella tremenda incertezza del non ritorno. La peggiore della damnatio memoriae: la morte giunge nella più assoluta e disumana solitudine. Significa macerie emotive incommensurabili.

Annus horribilis

Un anno, un governo e vari colori dopo sembra di rivivere un deja vù. Italia zona rossa. Again.

Che cosa resterà di questo tempo?

In questi mesi noi ci siamo imposti di evitare la parola “orribile”, perché per quanto le restrizioni che oramai da molti mesi viviamo condizionino pesantemente le abitudini di vita e la qualità delle nostre relazioni, c’è sempre un altro lato della medaglia.

E crediamo che proprio nei momenti di difficoltà e di profonda incertezza sia importante saper evocare la speranza e ritrovare la fiducia che una stagione migliore sia possibile.

Perciò in questa lettera alle nostre ragazze vogliamo sottolineare soltanto gli aspetti positivi, tralasciando per una volta quell’accanimento esasperato nel migliorarci, che spesso non ci fa apprezzare pienamente ciò che di buono abbiamo fin qui costruito assieme. 

E guardando bene per noi tutti, come compagine lavorativa, l’altro lato della medaglia è fatto di aspetti altrettanto benevoli.

  1. Abbiamo un lavoro: di fronte a tanta disperazione, di questi tempi è quasi un lusso;
  2. abbiamo una professionalità riconosciuta: quello che sembrava essere un capriccio, una dolce utopia, si sta invece rivelando uno strategico asset identitario. Sinonimo di affidabilità, autorevolezza e competenza;
  3. abbiamo dimostrato di essere una squadra: reagendo prontamente, mettendo in campo il meglio delle risorse personali, alzando il livello, tenendo un ritmo forsennato, salendo costanti, anche sbandando, ma senza risparmiarci di fatica e determinazione;
  4. soprattutto aiutandoci a vicenda: con la generosità tipica delle persone che comprendono di condividere un destino comune. 

Questa è l’eredità più bella che possiamo ricavare da questa seppur drammatica esperienza: l’aver riscoperto il motivo che ci unisce. L’aver ritrovato i nostri valori, la solidarietà e il coraggio per scelte gravose, ma indispensabili per la nostra credibilità.

Per una volta almeno nella vita l’aver sperimentato la lucida ebbrezza della fratellanza e la frizzante vertigine che regala servire il bene comune. Anticipare il collettivo al proprio personale istintivo egoismo: in fondo se fai uno sforzo, talora ti accorgi che non sei l’unico disposto a farlo.

Certo di cose da riparare ce ne sono parecchie e verosimilmente sempre ce ne saranno perché siamo profondamente imperfetti. Ma non dobbiamo dimenticare che è stato il tentativo costante e lo sforzo quotidiano di voler essere migliori di ieri ad averci condotto fino a qui. Ad averci permesso di costruire una realtà sì difettosa, ma certamente solida, moderna, dinamica e anche visionaria. 

La speranza

Tre sono le condizioni fondamentali per il successo in medicina.

Il primo requisito è la SCRUPOLOSITÀ: ovvero la necessità di prestare attenzione ai dettagli per evitare errori e superare gli ostacoli. 

La seconda sfida è FARE LA COSA GIUSTA, o comunque la migliore possibile nell’interesse del paziente.

Terzo requisito per il successo è l’INGEGNOSITÀ: saper pensare in modo nuovo. Tanti la confondono con l’intelligenza, ma non è una questione di quoziente intellettivo, bensì di CARATTERE. Richiede in primo luogo la disponibilità a RICONOSCERE L’INSUCCESSO, a NON NASCONDERE GLI ERRORI e a CAMBIARE.

È frutto di una volontaria, deliberata e ossessiva riflessione sul fallimento e di una costante ricerca di soluzioni nuove.

Sulla nostra pelle viva abbiamo in questi mesi sperimentato quanto sia importante il saper reagire di fronte a una situazione improvvisa ed imprevista e quanto sia facile smarrirsi, lasciandosi travolgere dall’inquietudine generata dall’incertezza. Anche per questo durante i mesi di inattività forzata abbiamo cercato di concentrarci nel migliorare la nostra organizzazione globale. Abbiamo introdotto protocolli di sicurezza e check-list che agevolassero la preparazione delle operatività di studio e favorissero la comunicazione e il confronto interni. Farci trovare pronti era la nostra missione.

Non sappiamo esattamente cosa ci aspetti. Di sicuro c’è soltanto che usciremo da questa esperienza profondamente trasformati, ci auguriamo maturati.

The Girls

Erika Mezzanotte – Foto di Matteo Altini – 2021

Erika: ti sei persa e ti sei ritrovata in un battito di ciglia. Hai cambiato marcia e hai finalmente scelto di essere un punto di riferimento importantissimo per tutti. Competenza, conoscenza, capacità di introspezione, scaltrezza e precisione. Un faro nella tempesta. Per noi sarai sempre la Mezza!

Giulia Zaccherini – Foto di Matteo Altini – 2021

Giulia: capacità di visione e organizzazione, anticipo e velocità d’esecuzione. Grillo parlante, voce critica e poliziotto buono. Nella nostra quotidianità molte cose sono migliori grazie a te. Un metronomo. Futurista: Zac Poom.

Milena Carrelli – Foto di Matteo Altini – 2021

Milena: pelle rossa di decisione e movimento. Senso pratico e pura energia. Resistenza, temperamento e spirito di iniziativa. Cuore e acciaio. Come Gig robot. O Milenik!?

Barbara Vestrucci- Foto di Matteo Altini – 2021

Barbara: ordine e pulizia. La persona giusta al momento giusto. Equilibrio, concretezza, positività e dolce ironia. Forza invisibile e dimostrazione che una seconda occasione è possibile. La nostra Pupa.

Emanuela Ghini- Foto di Matteo Altini – 2021

Emanuela: la spensieratezza. La leggerezza emolliente capace di sdrammatizzare e sciogliere le tensioni. Perché sopra quei biondì ricci, al di là delle nuvole comunque i cieli sono immensi. Manu Ciao!

Monica Nanni – Foto di Matteo Altini – 2021

Monica: discreta, pacata ma non arrendevole. Si potrebbe scambiare la tua riservatezza per fragilità. Ma ce ne vuole di coraggio e di fantasia per ricominciare daccapo dopo tanti anni di onorata professione. E se non ora, quando?

Non è stato facile. Abbiamo anche pianto, perché ci ha sfiorato il dolore e perfino toccato la morte. Perché abbiamo sperimentato ogni giorno le conseguenze emotive sui pazienti che venivano in studio. Trasversalmente: sui figli dagli occhi lucidi e spenti, sulle madri piegate in due dal dispiacere, sui padri spaesati e sgomenti, sui nonni spersi e impauriti.

Realtà e verità: Mala Tempora Currunt, sed Peiora Parantur. Corrono brutti tempi, ma se ne preparano di peggiori. Tutta la differenza la farà il modo in cui sapremmo reagire come collettivo. Il sorriso nella fatica, anche dietro la doppia mascherina: ci toglierà il fiato, ma non la speranza e la fiducia.

Torneranno i momenti spensierati, quando ci ritroveremo attorno a un tavolo da qualche parte qua intorno al tramonto di una calda sera d’estate a parlare di noi e fantasticare insieme di un futuro tutto da colorare.

Certo visti da fuori talvolta potremmo dare l’impressione di una squadriglia sgangherata.

Ma non c’è altro posto dove vorremmo essere se non accanto a voi. Vi vogliamo bene!

A nuove avventure.

Matteo, Davide e Letizia

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