Prefazione
Succede che un paziente venga adescato dalle mirabolanti offerte “visita- panoramica-preventivo gratuiti” di un sedicente centro odontoiatrico cosiddetto low-cost.
Succede che questo paziente, incuriosito, decida di entrare. Ne esce con un preventivo per sette carie, sette, per un importo complessivo di poco inferiore ai mille euro, mille.
Succede anche che questo paziente, quantomeno sorpreso dall’epidemia che lo ha colto, scelga di chiedere un secondo parere: grazie al consiglio di un amico si rivolge al nostro studio.
Visito il paziente, risultato: zero carie, zero. Costo della visita cento euro, cento.
Già! Perché il paziente, come è giusto, ha corrisposto l’onorario per il tempo e la conoscenza che come professionista gli ho dedicato. Ne ha per tornaconto risparmiati un bel po’ di più!
Nel tempo del discount odontoiatrico paradossalmente non è così limpido comprendere cosa sia davvero low-cost e dove risieda realmente la convenienza. Così come non è semplice accorgersi di essere d’improvviso diventati clienti e non più pazienti.
Da questo episodio ho tratto l’ispirazione per questo articolo, dal momento che reputo eccezionalmente inadeguata la risposta dei vari rappresentanti della categoria a questi comportamenti truffaldini.
Invece che isolare e punire sonoramente i furbetti, gli impostori, gli incapaci, gli abusivi e la nutrita platea di colleghi che quotidianamente disonorano la professione (sanitaria), gli illustrissimi organi preposti si preoccupano piuttosto di reintrodurre il tariffario minimo.
Me cojoni!
Anno del signore 2017, il 14 maggio.
Leggo distratto una notizia comparsa su tutti i quotidiani alla beffarda sezione Lavoro & Precari.
Recita il titolo:
Professionisti in piazza per il giusto compenso, odontoiatri: “laureati che lavorano a 4 euro l’ora” .
La protesta ha visto unite tutte le professioni: architetti, avvocati, ingegneri, odontoiatri, medici, magistrati onorari.
Obiettivo della manifestazione? Semplice, la reintroduzione delle tariffe minime professionali, spazzate via dalla liberalizzazione imposta dalla legge Bersani nel 2006…le famose lenzuolate.
Pur avendo un fratello avvocato e diversi amici distribuiti nelle varie maestranze, tratterò solo di quella che mi vede non senza difficoltà, protagonista del mio tempo, ovvero l’odontoiatria, professione da più di un decennio in crisi di identità.
In un mondo ormai irrimediabilmente globalizzato e pressoché senza frontiere, con una popolazione impoverita e infelice nonostante lo smartphone di ultima generazione in tasca, con una economia tornata come un’elastico tirato trent’anni ai livelli dei “favolosi” anni ’80, davvero l’unica risposta avanzata dagli altisonanti rappresentanti le illustrissime professioni è la reintroduzione del cosiddetto giusto compenso?
“Un costo basso della prestazione si ripercuote in maniera negativa sullo strumentario, sul materiale usato e sul lavoro del professionista sottopagato” è il recitativo dell’ANDI, il massimo organo sindacale dei dentisti italiani.
Il Low Cost pare essere diventato un’ossessione per quei diversamente illuminati dell’ANDI, se fra le soluzioni prospettate appare al prossimo orizzonte la creazione della cosiddetta Rete, ovvero il tentativo di uniformare tutti gli studi che decidono di aderire all’iniziativa in un’unica grande catena in grado di offrire tariffe calmierate…risultato?
Un Low Cost istituzionalizzato sotto l’ombrello protettivo del grande sindacato nostrano.
Ma i tempi della tariffa minima imposta dagli ordini di categoria erano davvero tempi gloriosi per i nostri pazienti?
Ovvero la professione in virtù dell’obolo costituito si impegnava ad erogare delle prestazioni di qualità minima garantita?
Oppure il tariffario minimo era la scialuppa verso la prosperità garantita anche a quei soggetti che accedevano al mestiere non per vocazione, non per coronare il sogno di una vita, ma seguendo i comodi percorsi tracciati dai progenitori di dinastie professionali o inseguendo la propria personale vanità?
Viviamo oggi i tempi del low cost e invece che interrogarci sul perché i pazienti abbandonino i nostri studi, magari dopo anni di onorato e silenzioso servizio, cerchiamo riparo in nostalgiche logiche corporativistiche dal sapore medioevale.
E invece…
_invece che ripulire la nostra categoria dall’odore stantio di chiuso, dove si annidano tranquilli caterve di truffatori, imbonitori, incapaci e abusivi;
_invece che imporre degli elevati e obbligatori standard minimi di qualità, al di sotto dei quali non sia possibile servire un paziente;
_ invece che far rispettare militarmente il nostro straordinario codice deontologico che pochissimi conoscono (come la Costituzione);
_ invece che fare la benché minima doverosa autocritica su come vengano selezionati gli esercenti una professione sanitaria di fondamentale importanza per la salute pubblica;
_invece di rivendicare percorsi di istruzione universitari liberi da baronie, da giochi di potere e dal dilettantismo che hanno condannato i nostri atenei all’insignificanza e all’oblio;
_invece che battersi per una cultura dell’etica professionale stoica ed ascetica, capace di forgiare gli anticorpi morali per un’immunità di gregge contro il compromesso, contro l’avidità, contro l’edonismo professionale, ad esclusiva tutela dei nostri pazienti e assistiti;
invece che a un sussulto di dignità, assistiamo ad un ulteriore ripiegamento dovuto a preoccupazione certo, a paura certo, a sconcerto verso le pericolose dinamiche che il mercato globalizzato pare aver imposto anche al settore odontoiatrico, favorito in questo da una liberalizzazione forse troppo “garibaldina”.
Ma il tariffario minimo non risolverebbe la richiesta di accessibilità alle cure, nè farebbe da argine alla migrazione consistente di pazienti verso realtà pur sempre europee, ma dove la vita è meno costosa.
Anzi forse fungerebbe da catalizzatore al fenomeno ormai noto e pressoché stabilizzato del turismo odontoiatrico verso i paesi dell’est, Croazia in primis.
Riscatterebbe forse i giovani laureati dal ricatto perpetrato ai danni della loro dignità e professionalità dalle multinazionali del dente, garantendogli un onorato corrispettivo?
No, non li riscatterebbe, perché nei fatti sono da un lato l’entità cospicua dell’investimento richiesto per aprire uno gabinetto odontoiatrico dotato della minima strumentazione necessaria per adempiere alle normative sanitarie che regolano la professione, dall’altro l’eccesso di offerta che satura ampiamente una richiesta indebolita da anni di drammatica crisi economica, i disagevoli ostacoli al loro ingresso al lavoro, costringendoli a piegarsi a contratti in molti casi umilianti.
Risolverebbe, infine, il tariffario minimo il mostruoso problema di fiducia che si è generato ai danni della categoria sulla ecatombe di pazienti maltrattati e torturati, che alla fine si sono bellamente stufati di fungere da bancomat di genere, problema che i vari organi del settore a tutti i livelli continuano ad ignorare?
No, non lo risolverebbe!
Allora diciamolo chiaramente che dietro la rivendicazione di un giusto compenso (che poi “giusto” rispetto a che cosa?), noi vogliamo la restaurazione degli antichi privilegi di casta.
Diciamolo chiaro e tondo: noi vogliamo garantito il reddito di corporazione, vogliamo tornare ai fasti degli anni 70, 80, quando l’odontoiatria non era solo una specialità della medicina, ma anche un rapidissimo ascensore sociale che consentiva di scalare rapidamente l’ordine borghese, tramutando gli innegabili (anche se eludibili) profitti in potere e prestigio sociale.
Perché a noi il dentista riccone e modaiolo, che guidava la corvette e che faceva tardi alle feste dell’alta società (vedi pubblicità Happydent anni 80) ci piaceva così, rampante e maleducato, perché il paziente che aspetta in sala d’attesa ci regala una sadica ebbrezza di vanità.
E chi se ne fotte di quei poveri professionisti che in silenzio continuano ad erogare ai propri pazienti la propria competenza smisurata e bellissima, adattandosi ai tempi che cambiano, magari riducendo la marginalità, ma senza snaturare l’eccellenza della loro professionalità.
Quelli sono dei disgraziati, poveri illusi che hanno preso troppo sul serio il giuramento di Ippocrate, destinati all’irrilevanza e all’anonimato.
La loro è un’etica barbara e suicida…quella che impedisce ad un medico, ancorché pressato da pragmatiche logiche di auto-sostentamento, quando non sedotto da un sedicente direttore commerciale, di proporre preventivi per terapie non necessarie…come il medico cantato da Fabrizio De André
“ allora capii fui costretto a capire
che fare il dottore è soltanto un mestiere
che la scienza non puoi regalarla alla gente
se non vuoi ammalarti dell’identico male
se non vuoi che il sistema ti pigli per fame.
(…)
perciò chiusi in bottiglia quei fiori di neve,
l’etichetta diceva elisir di giovinezza.
E un giudice un giudice con la faccia da uomo
mi spedì a sfogliare i tramonti in prigione
inutile al mondo ed alle mie dita
bollato per sempre truffatore imbroglione
esimio dottor professor truffatore imbroglione”.
Matteo
PS: versione breve liberamente tratta da un sms del Dr. Davide Ballini
Davvero?
Un costo basso della prestazione inficia la qualità delle prestazione stessa e a rimetterci è il paziente?
Le catene pensano solo ai profitti e non alla salute? Cioè trattano i pazienti per finalità economiche e non per garantirne la salute?
Ma va? Non lo avrei mai detto!
C’è però anche da dire che questi che protestano pensano: laurea = pazienti/clienti paganti! (beh, onestamente anche io all’inizio la pensavo un po’ così!)
Cos’è che vogliono.. il “diritto di clientela”?
Poi vorrei vederli lavorare quelli che protestano (non solo i dentisti, ma anche avvocati e C ).. cioè a me sembra che il loro problema sia solo.. sono un professionista devo essere pagato di più.. mi sa tanto che se gli dessero 100 euro/ora lavorerebbero tranquillamente per le low cost continuando a far porcate!!!
Davide
MOLTO INTERESSANTE LA TUA DISANIMA DEL PROBLEMA… credo però che si tratti di un circolo vizioso: in assenza di adeguato compenso è difficile erogare qualità, ma è ancora più difficile far capire la qualità ai pazienti! talvolta è difficile enunciarla anche per noi dentisti: nel 2012 ci abbiamo lavorato parecchi mesi, animati dalle migliori intenzioni, fondando il portale http://www.dentist4.it . abbiamo infine stabilito un disciplinare di qualità minima che potesse essere verificato dal paziente, affinché potesse essere poi lui a fare selezione. purtroppo gli strumenti pubblicitari a disposizione delle catene sono ben diversi da quelli di cui possano disporre i singoli professionisti, quindi questo messaggio è difficile da veicolare. forse, più che il tariffario minimo, sarebbe più utile la reintroduzione del divieto di effettuare pubblicità sanitaria.
in ogni caso complimenti per il vostro lavoro in questo sito.
Ciao Attilio,
grazie per il tuo sostegno e a mia volta ti faccio i miei complimenti per la vostra iniziativa su D4.
Le Catene e i Low Cost hanno certamente più mezzi di noi per fare pubblicità convenzionale, però.. quanto sono osceni i cartelloni in strada e le pagine di giornale pieni di offerte da “discount del dente”?
A me fanno quasi sorridere, poi penso a chi purtroppo si fa ingannare da quei messaggi fraudolenti e mette a rischio la propria salute.. allora il sorriso mi passa!
Quello che possiamo fare noi singoli professionisti, oltre a servire i nostri pazienti in maniera deontologica ed etica, è continuare ad educare la popolazione, provando a divulgare informazioni utili per una scelta sempre più consapevole del dentista a cui affidarsi.
Non ti nascondo che la nostra ambizione è anche quella di riuscire, un giorno, a riabilitare almeno in parte il nome di una categoria che ancora oggi paga per le responsabilità di alcuni (tanti!) che si sono approfittati dei pazienti invece che occuparsi della loro salute. Questo fenomeno, ancora tristemente attuale, è in parte, se non completamente, responsabile del turismo odontoiatrico e della nascita delle Catene, ma finché ci sono colleghi disposti a lavorare con etica e deontologia senza adeguarsi alla guerra dei prezzi (e della scarsa qualità) noi abbiamo fiducia nel futuro!
Grazie!
Davide, Matteo, Letizia